
Voglio iniziare facendo una premessa.
Raccogliendo informazioni su questo tema ho letto in proposito le dichiarazioni dei politici e mi sono convinto che è un tema su cui si cerca di stare lontani.
Molte osservazioni erano e restano certamente corrette, come ad esempio quelle che richiamano l’ampiezza e la complessità dell’argomento, però quello che mi ha colpito è stata la sensazione che sull’argomento esista un diffuso atteggiamento immobilista , o meglio attendista…. cmq quello stesso pensiero che mira a disattivare le iniziative altrui già ascoltato da chi , come me, era seduto ai banchetti dei referendum. Non mi riferisco a quelli di quest’anno, mi riferisco invece al 2010, quando solamente noi dell’IDV eravamo nelle piazze.
Chi c’era, come il mio collega Magnani ascoltava i commenti di quanti legittimamente si rifiutavano di firmare e poi magari lo hanno votato.
Ricordo :
“non ce la farete a raccogliere mezzo milione di firme”,
“se ce la fate, tanto alla fine i quesiti saranno ritenuti inammissibili”, ma soprattutto
“”in ogni caso alla fine non raggiungerete il quorum: quindi state facendo un favore a Silvio. Le questioni che trattano di beni comuni, in realtà non interessano ai cittadini”
Sappiamo che gli italiani invece hanno risposto in massa.
Evidentemente il tema dei beni comuni interessa.
Ebbene anche LA FONDAZIONE MANODORI E’ UN BENE COMUNE
Già perché la fondazione ha si un profilo privatistico, ma nella sostanza è un bene della comunità reggiano, “un bene comune” .
A dire il vero pare che il tema della gestione della Manodori di per sé non appassioni la gente, ma chissà se l’interesse non aumenterebbe se si spiegasse chiaramente ai cittadini reggiani che nella cassa della fondazione rimangono ancora decine, centinaia di milioni di Euro destinati alla collettività dall’antica funzione sussidiaria dei monti di pietà e dalle casse di risparmio.
Ad oggi degli originali scopi mutualistici rimane poco, la fondazione è diventata invece un formidabile centro di potere e di potenziali clientele.
Gestisce un patrimonio della collettività con criteri largamente discrezionali. E’ regolata da uno statuto risalente alla presidenza di Dario Caselli, per chi se lo ricorda capisce che ciò è una garanzia,… si fa per dire.
Quest’uomo ha creato un specie di Porcellum ante litteram: uno statuto che si è dimostrato nei fatti uno strumento fortemente autoreferenziale, dove chi ha il potere può cooptare nuovi amministratori.
Tutti sappiamo del gigantesco depauperamento avvenuto negli scorsi anni, un impoverimento di un nostro bene comune, la cui responsabilità risulta chiaramente attribuibile a chi lo ha amministrato e gestito, un gruppo di persone rimasto sostanzialmente immutato nel corso di questi anni.
Questa scigura non può essere spiegata solamente sfruttando la scusa della crisi delle borse, crisi che periodicamente si ripetono da quando esiste il commercio mondiale ed i relativi strumenti finanziari.
In realtà sono i vertici della Manodori che portano la responsabilità di aver scelto di conservare in certi periodi una quota superiore al 70% del patrimonio investito su un solo titolo quotato, contravvenendo alla logica di diversificazione, una scelta banale per un disinteressato amministratore di beni. Nessun padre di famiglia investirebbe il 70% dei propri risparmi su un unico titolo quotato in Borsa.
Su alcuni comportamenti, da me conosciuti attraverso gli organi di stampa, si ha addirittura la sensazione che i componenti del CDA Manodori ritengano i reggiani degli sprovveduti.
Iscrivere a bilancio infatti il valore di acquisto di un titolo, anziché il valore maturato è un “maquillage contabile”, per rendere meno visibile a occhi disattenti le gigantesche minusvalenze subite?
Artifizi contabili consentiti dal diritto ma non dalla decenza in un ente di questo tipo.
Il CDA della Manodori ha pensato di farci credere che ciò che fu acquistato a cento continua a valere 100 anche se può valere trenta o addirittura venti.
Tutto questo è accaduto e accade senza che il ceto politico abbia sentito il dovere morale di dire basta.
Gli enti locali non se la possono cavare lavandosene le mani, come di fatto è avvenuto in questi anni, così come noi consiglieri che facciamo politica non possiamo limitarci a girare la testa e dire che non è affar nostro se la principale fonte di finanziamenti per opere a favore dei bisognosi si sta via via asciugando.
Cosa faremo quando il pozzo sarà secco? Malediremo la sfortuna o noi stessi che ci siamo comportati da vigliacchi, facendo finta che tutto va bene, magari con la speranza di ricevere qualche elemosina dalla fondazione per i nostri piccoli , a volte miseri, anche se legittimi interessi?
Arrivo nel merito a quanto scritto nell’ODG.
Bisogna riconoscere che non tutte le colpe di questo stato di cose sono dell’attuale presidente, nominato con un blitz ferragostano del 2009, una delle pagine più opache della recente storia locale.
Nonostante i modi in cui aveva preso il potere non ci aspettavamo potesse fare peggio della Signora Spaggiari, molti gli avevano aperto una linea di credito e Borghi aveva chiesto di essere valutato per quel che avrebbe fatto.
Bene.
Abbiamo osservato con attenzione.
Ci troviamo dopo quasi 2 anni a vedere i provvedimenti presi e i risultati ottenuti.
Le scelte compiute in questi anni dal CDA hanno provocato un calo considerevole dei dividendi un evento che inciderà non poco sulla nostra comunità che ha bisogno come non mai di questi denari provenienti dalla Fondazione
Già questo sensibile riduzione delle risorse sarebbe sufficiente perché una classe politica realmente interessata al bene comune attaccasse una gestione a dir poco deludente e pretendesse come minimo un cambio di passo agli amministratori,
o ne reclamasse le dimissioni in ogni sede possibile, anche se formalmente non vi sono strumenti giuridici per ottenerle.
Questo era lo stato di cose fino a pochi mesi fa’.
Ma poi il grande manager prestato alla Manodori è riuscito in un colpo da maestro, ha liquidato una parte di quanto era investito in Unicredit, per diversificare,… però comprando azioni di un'altra banca , il Banco Popolare, per un importo pari a 2,6 milioni di Euro.
Tutti ci chiedevamo il perché visto che era sacrosanto diversificare, ma suonava alquanto inidoneo farlo destinando soldi ad un titolo dello stesso settore, quindi mantenendo di fatto un rischio altissimo sul comparto bancario.
Questa mossa non sarebbe stata attuata da un soggetto gestore esterno, accuratamente selezionato attraverso pubbliche e trasparenti gare.
Poche settimane dopo, con minimo risalto sulla stampa locale, (io l’ho appreso leggendo un trafiletto in cui il Dott. Pagliani, sempre pronto a correre in aiuto, ….del vincitore, si congratulava) l’Ing Borghi è stato gloriosamente promosso alla vicepresidenza del Banco S. Geminiano S . Prospero, azienda controllato dal Banco Popolare.
Immagino già che diversi di voi diranno, alcuni essendo convinti ed in buona fede, altri trattenendosi a stento dal sorridere, che il presidente della Manodori si sta sacrificando per la città e che di tale nuova carica ne avrebbe fatto volentieri a meno.
Io mi limito ad ipotizzare uno scenario plausibile, che anzi in parte è già avvenuto visto che mi pare che le azioni della Popolare da allora siano sensibilmente scese:
cosa farà Gianni Borghi, presidente della Manodori se il valore delle azioni delle Popolare caleranno tanto che i dividendi saranno azzerati?
Ed in questo caso cosa farà il Vicepresidente della Popolare Borghi Gianni?
Non chiederà al Presidente Gianni Borghi della Manodori di lasciare i soldi di noi reggiani dove si trovano nonostante tutto?
Ma vi rendete conto della situazione grottesca?
Come può un manager con due incarichi esecutivi lavorare con serenità in due aziende collegate così strettamente da relazioni finanziarie.
Come può operare con efficacia in entrambe le due entità che hanno per forza interessi contrastanti?
Per tutto questo noi dell’IDV chiediamo che la situazione di ambiguità sia risolta una volta per tutte con le dimissioni di Gianni Borghi dalla fondazione Manodori.
Vado a concludere prevenendo una altra facile obiezione degli estimatori dell’ Ing Borghi.
“La politica non ha niente a che fare con la Fondazione.”
La politica, quella vera, quella che risponde ai cittadini e agli elettori, è la forma più alta mediante la quale si applica la democrazia.
Quando viene meno la politica comanda chi ha già il potere : in genere i più ricchi, i più furbi, i privilegiati.
Ed è esattamente quanto sta avvenendo.


3 Commenti:
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